Il Palazzo De Candia sorge nel tratto iniziale della via dei Genovesi, nel cuore di Cagliari, a poche decine di metri dal bastione di Saint Remy. Fu costruito probabilmente intorno alla metà del XIX secolo, sfruttando un modesto edificio preesistente.
L’area si era resa disponibile solo dopo l’estensione del quartiere di Castello verso sud, avvenuta nel XVI secolo: in precedenza qui sorgeva la cinta muraria pisana, che collegava la torre del Leone (oggi inglobata nel lato ovest del Palazzo Boyl) alla torre dell’Elefante. La facciata posteriore del Palazzo De Candia fu costruita sopra queste mura, sfruttando il salto di quota del terreno; lo strato superficiale, di roccia calcarea, è visibile alla base della facciata del palazzo.
Il dislivello tra la via dei Genovesi e la via Università è di circa 9 metri e questa conformazione del terreno regala alle finestre sulla facciata posteriore del palazzo una visuale libera dagli edifici vicini. La copertura del palazzo adiacente e sottostante ha permesso di realizzare un terrazzo a livello tra i più vasti del quartiere.
La facciata principale sulla via dei Genovesi, di gusto neoclassico, in qualche testo è attribuita all’architetto Gaetano Cima. In effetti il periodo di edificazione del palazzo coincide con gli anni professionalmente più attivi del Cima; inoltre il disegno generale ed il carattere dei particolari ricordano altri suoi lavori. Tuttavia nelle carte sempre molto dettagliate del Cima non c’è traccia di Palazzo De Candia. Questo particolare dà credito all’ipotesi che in realtà il progetto fosse dell’ingegnere Carlo De Candia, che aveva studiato e si era laureato al Politecnico di Torino negli stessi anni in cui l’aveva frequentato anche Cima.
Il palazzo si articola in quattro piani. La cantina – ad una quota inferiore rispetto alla via dei Genovesi – possiede una finestra balconata verso la via Università. Il piano cantine ed il piano terra hanno caratteristiche adatte alle semplici funzioni cui erano destinati, cioè locali ad uso magazzino o uso locali tecnici.
L’androne di accesso ai piani superiori riceve luce da una grande vetrata colorata ed è nobilitato da mobili d’epoca e specchi, con una piccola fontana dell’Ottocento. Lungo le scale una ringhiera in ghisa e ottone.
Nella sua “Guida di Cagliari e dei suoi dintorni” (1856), il canonico Giovanni Spano parla del Palazzo De Candia e dei suoi arredi, tra i più eleganti della città.
Oggi i pavimenti sono in marmo ed in piastrelle dell’inizio del XX secolo. Le porte interne sono a doppia anta, alcune con finiture d’eccezione: boiserie in legno pregiato e maniglie in porcellana dell’800. La grande sala con soffitto a crociera affrescato ha un camino in marmo della metà dell’800.
Nel palazzo di via dei Genovesi vissero la madre di Mario, donna Caterina Grixoni vedova De Candia, ed i suoi figli. Don Stefano De Candia, l’ultimo erede rimasto in vita (sposato con Maria Cristina Aymerich), nel 1898 vendette l’edificio al celebre avvocato Francesco Muntoni. I suoi nipoti – noti professionisti cagliaritani – vi abitarono fino agli anni Cinquanta. In seguito il palazzo fu ceduto in affitto ad un ordine religioso.
Nel 1968 Palazzo De Candia fu acquistato da Benedetta Imeroni Inserra, che vi abitò con la propria famiglia. I saloni – aperti alle maschere in occasione della tradizionale sfilata de sa ratantira – sono stati a lungo un punto d’incontro durante il carnevale cagliaritano.
Il primo piano è il livello più importante dell’edificio: lo suggeriscono il taglio delle grandi sale e le dimensioni delle porte finestre, tutte balconate. Era indubbiamente il piano nobile: qui si svolgeva la vita sociale della famiglia proprietaria, ed è stato conservato integro. Sono presenti affreschi e dipinti murali nelle pareti e nei soffitti. Si è salvata anche una porzione di papier peinte del 1870.
Di quella tappezzeria acquistata in Francia e spedita a Cagliari si parla in una lettera scritta da Mario De Candia alla madre e conservata nella Galleria comunale d’arte: «La carta è allegrissima: fondo satinato con foglie e fiori di un gusto squisito e per questa vi è la cortina simile alla tappezzeria».
Il grande tenore in esilio lontano dall’Italia aveva acquistato e ristrutturato il palazzo nel 1846: da Parigi aveva spedito al fratello i soldi per l’acquisto, assieme a dettagliate istruzioni per la redazione dell’atto di vendita. Negli anni continuò ad inviare a Cagliari arredi, oggetti preziosi, libri acquistati in mezza Europa, per una casa in cui non sarebbe mai riuscito a vivere.